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Cannes: Godard, viaggio nel cinema sconfina in Guernica

Cannes: Godard, viaggio nel cinema sconfina in Guernica

Protagonista del '68 torna al festival

CANNES, 12 maggio 2018, 19:17

dell'inviata Alessandra Magliaro

ANSACheck

Jean Luc Godard in un 'immagine di archivio © ANSA/EPA

Jean Luc Godard in un 'immagine di archivio © ANSA/EPA
Jean Luc Godard in un 'immagine di archivio © ANSA/EPA

CANNES - Quasi un film testamento che parla di guerra, di morte, di persone, di terra, di sogni e che non rinuncia alla speranza. Jean Luc Godard, il grande vecchio della Nouvelle Vague, 87 anni, che è stato protagonista delle barricate del '68 e che proprio in quell'anno insieme a Francois Truffaut e Claude Berri guidò la protesta degli autori, auspicando maggiore libertà nel cinema, interrompendo la proiezione del film di Carlos Saura Peppermint Frappé, inducendo alcuni giurati alle dimissioni (Polanski, Vitti, Malle) e portando così il vento del maggio di Parigi sulla Croisette riuscendo nell'intento di bloccare il festival dopo 9 giorni, torna a Cannes.

Le Livre d'image era un'occasione troppo ghiotta per la rassegna, un modo così affatto rituale di celebrare il 1968 50 anni dopo, proprio con quel grande protagonista di allora, diventato icona del cinema francese, intellettuale dei più raffinati seppure discusso, regista di film amati come Pierrot le fou per citare uno su tutti. Il film è in competizione per la Palma d'oro, l'attesa alta come sempre per i suoi film se non altro per discuterli, con lunghe file fuori dal Grand Theatre Lumiere e applausi finali. Il regista, che qui è stato alcune volte senza mai vincere il massimo premio (nel 2014 ebbe il premio della giuria per Adieu au langage), riprende la sua originale Histoire(s) du cinema degli anni '90 per proseguire quell'affresco filosofico composto di collage, un montaggio infinito di spezzoni di film della storia del cinema, citazioni continue dalle origini del muto ad oggi (inclusi Pasolini e Fellini), quasi un vagare sincopato.

Un film che si conclude, dopo sequenze spettacolari di bombardamenti, fiamme, uomini in difficoltà, guerre, praticamente un film horror, con un'ardente speranza, sottolineata da un gioioso can can della Belle Epoque. Le speranze restano speranze, le aspettative sempre più vaste del tempo a disposizione ma restano esse stesse immutabili, sono utopie e parlo a me stesso, dice la voce di Godard sul finale, una voce che fin lì ha accompagnato lo spettatore in questo viaggio terribile, quasi fosse una sorta di Guernica cinematografica, in cui la civiltà sembra sprofondare grazie alla miopia dei potenti, mentre le persone dice vogliono solo vivere in pace.

Godard lo spiegherà il 12 maggio collegandosi in facetime alla conferenza stampa, dal paesino in Svizzera, Rolle, in cui vive da decenni. Almeno secondo quanto annunciato dalla direzione del festival. Del film, senza una vera storia ma piuttosto un'orgia di immagini e suoni e voci, restano potenti le immagini ricolorate, polarizzate, deformate, pittoricamente forti. E poi la questione araba, le immagini del paradiso perduto, del Maghreb di pescatori e vita quotidiana pacifica per raccontare l'Arabia dei suoi occhi prima che la guerra del Golfo e la rapacità predatoria sconvolgesse tutto ancora fino a oggi. Uno spunto finale tratto dal libro di Albert Cossery Une ambition dans le désert che racconta di come dal fallimento diplomatico strategico di un tale Ben Kadem, primo ministro dell'emirato di Dofa durante la guerra del petrolio, un gruppo di ribelli fece nascere un fronte di liberazione e decise di diventare martiri dell'islam. Il film è così immaginifico che i produttori di Casa Azul e Ecran Noir sembra lo vogliano proporre come un'esibizione artistica, un'interattiva esperienza per la quale, scrive Variety, sarebbero in trattative con il Beaubourg di Parigi, il museo Arte Reina Sofía sempre a Parigi e la National Gallery di Singapore.

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