(di Mauretta Capuano)
Più volte candidato al Premio Nobel,
lo scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua, morto oggi a Tel
Aviv a 85 anni, fino all'ultimo ha cercato una soluzione
pacifica per il conflitto arabo-israeliano di cui ha raccontato
la complessità nei suoi racconti e romanzi e che lo ha visto per
tutta la vita impegnato politicamente.
Sempre schierato a favore di una soluzione che prevedesse
due Stati, si era battuto per il riconoscimento dello Stato
palestinese, ma negli ultimi anni si era convinto che questo
ormai non fosse più possibile e aveva invitato ad elaborare una
soluzione che prevedesse un solo Stato. "Dobbiamo riuscire ad
arrestare questo apartheid. Dobbiamo passare da uno Stato
ebraico a uno stato israeliano, questo è il concetto chiave"
aveva detto nel 2019, ospite del Festivaletteratura di Mantova.
E riflettendo su identità e memoria, due temi cardine delle sue
storie, aveva invitato anche a dimenticare. "Dobbiamo perdere in
qualche misura o in parte i nostri ricordi. Noi ebrei dobbiamo
perdere i ricordi dell'olocausto. I palestinesi dovrebbero
smettere di insistere continuamente su quanto è successo negli
ultimi 40 anni. Abbiamo troppe memorie. Se rimaniamo bloccati su
questi ricordi c'è il rischio di finire nella paralisi"
sottolineava.
E non a caso all'ingegnere israeliano in pensione Zvi Luria,
protagonista di uno dei suoi ultimi libri, 'Il tunnel' (Einaudi,
2019), viene diagnosticato, a poco più di settant'anni, un
inizio di demenza senile. Il caos mentale di Luria si riflette
su quello geopolitico e la demenza diventa un modo "per
mischiare le identità, per fonderle insieme", mentre il tunnel
segreto che si sta scavando è l'espressione del desiderio di
risolvere il problema israelo-palestinese. Mentre scriveva Il
tunnel Yehoshua ha perso nel 2016 l'adorata moglie, Rivka, una
psicoanalista con cui ha vissuto un matrimonio di 56 anni, che
leggeva sempre i suoi libri ed è riuscita a vedere anche le
prime 70 pagine di questo romanzo. Dopo la morte di Rivka, che
aveva sposato nel 1960 e dalla quale aveva avuto tre figli,
Abraham si era trasferito da Haifa a Tel Aviv per stare vicino
agli adorati nipoti.
Nato a Gerusalemme il 9 dicembre 1936, ebreo sefardita,
Yehoshua da giovane aveva combattuto nella guerra
arabo-israeliana del 1956 guidata da Moshe Dayan, si era
laureato in Letteratura e Filosofia all'Università di
Gerusalemme. Aveva esordito nella narrativa nel 1962 con la
raccolta di racconti 'La morte del vecchio' e negli ultimi anni
aveva sentito il desiderio di tornare alle storie brevi dove
"sei più intenso, lo stile domina sull'intreccio" e che
considerava "le sue cose migliori". Autore di 13 romanzi, il
primo a 40 anni, tradotti in più di venti lingue, dove il
territorio privilegiato è l'esplorazione della famiglia (suo
padre era uno storico di una famiglia originaria di Salonicco e
la madre era nata in Marocco) Yehoshua, tra i principali
rappresentanti della New Wave della letteratura israeliana negli
anni Sessanta-Settanta, si era imposto all'attenzione
internazionale con 'L'amante', uscito nel 1977, pubblicato in
Italia da Einaudi. Nel romanzo, che Roberto Faenza ha portato
sul grande schermo nel 1999, aveva raccontato attraverso una
galleria di personaggi, in un susseguirsi di monologhi
interiori, di confessioni, di rivelazioni personali, la storia
di una famiglia israeliana e profeticamente di un mondo che
sembra stia perdendo il suo senso di comunità. Una forma
narrativa che aveva usato anche in 'Un divorzio tardivo' del
1982. E ne 'Il signor Mani' pubblicato da Einaudi nel 1994, si
era spinto a una sperimentazione che vedeva i protagonisti
raccontati attraverso lo sguardo degli altri.
Dopo la morte della moglie e del suo grande amico Amos Oz,
scomparso nel 2018, è stato molto difficile per Yehoshua andare
avanti, la scrittura gli ha dato conforto, ma ha dovuto
combattere con la comparsa della recidiva di un tumore: "Sono
malato, sono tutto preso dalla malattia, la cosa mi pesa molto"
diceva negli ultimi tempi. Molto amato in Italia, Paese per il
quale sentiva uno speciale affetto, Yehoshua si è congedato dai
suoi lettori con 'La figlia unica' , una storia che solleva di
nuovo il tema dell'identità con una ragazza italiana per metà
ebrea. Un libro, di cui lo scrittore ha curato nei dettagli
l'edizione italiana, che guarda con ispirazione e riconoscenza a
'Cuore' di Edmondo De Amicis che il padre leggeva ad Abraham da
bambino.
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