(di Elisabetta Stefanelli)
PAOLO PETRONI, 'LA SCRITTURA DEL
TEATRO. Drammaturgia italiana al passaggio del secolo' (Gambini
Editore, pag. 359, euro 24,00).
Vent'anni di teatro, dal 1990 al 2001, vissuti giorno per
giorno, con l'intensità che solo la passione può dare, che
coniugata con l'anima del cronista e quella del critico attento
rappresenta non solo una storia compiuta ma anche un seme per il
futuro. Il racconto dal palco di Petroni in queste pagine
minuziose è qui e oggi, in tempo reale, con l'enfasi e la
partecipazione che solo l'immersione nel presente può dare. E
questo è senza dubbio uno degli elementi di fascino del libro
che si avvale della prefazione di Guido Davico Bonino e degli
interventi di Nicola Fano, Renato Palazzi, Ubaldo Soddu e
Oliviero Ponte di Pino con Giulia Alonzo.
C'è anno per anno una cronaca degli appuntamenti principali
con la scena drammaturgica italiana, un'attenta analisi critica,
sincera, senza peli sulla lingua, senza infingimenti. Poi c'è il
valore del giudizio dell'autore, giornalista all'ANSA, critico
teatrale per il Corriere della Sera, presidente dell'Istituto di
studi pirandelliani. Il fatto è che Petroni esercita in tempo
reale un giudizio storico, quello che dovrebbe essere il compito
della critica, portando avanti una riflessione in diretta sulle
prospettive della nostra drammaturgia.
Sono questi che racconta anni di crisi e anche di rinascita,
anni in cui vengono a mancare i protagonisti di una grande
generazione. Nel 1994 molti di loro firmano un appello promosso
da Dario Fo per protestare contro la stampa che non trova spazio
per il teatro e la critica: lo firmano da Giorgio Strehler a
Luca Ronconi, da Maurizio Scaparro a Massimo Castri, da Glauco
Mauri a Gabriele Lavia, "ma nessuno si degna di dar loro una
risposta". "Fare teatro in Italia - scrive Petroni - è sempre
qualcosa che non corrisponde alle regole del buon vivere
generale. Si tratta di un'attività poco accettata, nemmeno più
vista purtroppo come provocatoria, agita da persone che spesso
sembrano come va il mondo, oggi". Sono anni in cui compaiono i
nomi di giovani promesse che Petroni coglie senza esitazioni, da
Emma Dante a Fausto Paravidino o Ascanio Celestini, con alcuni
registi come Antonio Latella e Claudio Spatola ("per fare solo i
primi nomi che vengono in mente"). È una ricerca che attraversa
la penisola, ne prende in esame i festival e gli appuntamenti
principali, da Spoleto al premio Idi, che ne scandivano le
stagioni. Entra nel vivo delle polemiche sui finanziamenti
pubblici e privati, sulla crisi che porterà alla chiusura di
tanti spazi, anche storici come il Valle. Critica aspramente la
deriva - non ancora esaurita - sulla presenza dei protagonisti
della tv sui palchi. Anzi spesso fino a "riciclaggi televisivi",
"pur nei limiti del buon gusto e della trovata divertente". Ma
Petroni affila le armi anche contro Stefano Benni: "Non si può
affrontare il teatro senza conoscerlo".
Non conta la celebrità al cinema, in tv o in letteratura,
perché esiste lo specifico teatrale che è altro. Snaturarlo non
aiuta a farlo sopravvivere, è una delle lezioni per il futuro.
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