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Zuppi, 'Io papa? Non ce l'avrei fatta'

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Zuppi, 'Io papa? Non ce l'avrei fatta'

'Sovranismo non ha futuro'. Ligabue: 'Mai decennio così duro'

TORINO, 16 maggio 2025, 17:54

Redazione ANSA

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(di Amalia Angotti) E' un dialogo inedito quello tra il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, e il cantautore Ligabue al Salone del Libro di Torino.
    "Un appuntamento speciale" lo definisce la direttrice Annalena Benini. La sala dell'Auditorium è strapiena e, subito dopo l'incontro, la fila per il firmacopie e i selfie con Ligabue è chilometrica. Il titolo è "Le storie, la Storia. Dall'io al noi" e si parte da una storia accaduta da poco, alla fine del conclave che ha portato all'elezione di papa Leone XIV.
    Zuppi, indicato tra i 'papabili', lo racconta al pubblico del Salone, che a più riprese lo applaude. "Vedere tanta gente in piazza San Pietro che aspettava l'annuncio - dice - è stato davvero commovente, c'era attesa, tanta gioia, tanto desiderio.
    Avevo un groppo in gola. Mi sono chiesto cosa avrei fatto se fossi stato io al posto del nuovo Papa e ho pensato che avrei fatto come nel film di Nanni Moretti; mi sarei affacciato, dopo avere visto tanta gente avrei richiuso il finestrone e avrei detto 'non ce la faccio'". Il presidente della Cei scherza anche sul Fantapapa: "Certo che me ne sono accorto, ho avuto uno scatto di stima per i miei tifosi".
    Le difficoltà del mondo sono al centro del confronto, anche se i discorsi sull'attualità si alternano ai ricordi personali, alle riflessioni intime. Zuppi ricorda il dolore per la morte del padre, e le tragedie di oggi, come quella dei bambini immigrati morti di freddo: "bisogna piangere quei piccoli e tutti quelli che sono stati uccisi a Gaza e nelle altrie guerra, una cosa inaccettabile". E' polemico sul sovranismo che "non ha futuro e fa male al Paese. Chi ama il proprio Paese butta via le frontiere".
    "Tempi così duri non li avevo mai visti" afferma Ligabue, 26 album, sette libri, 900 concerti suonerà alla Reggia di Caserta ("un privilegio", commenta). "Ci sono tante paure che fanno sentire soli. È il peggiore decennio tra i sei che ho vissuto, tra la pandemia, la guerra in Ucraina e tutti gli altri confliiti, i ragazzi che vanno dallo psicologo e gli dicono che non sanno immaginarsi un futuro. Sono stato bambino negli anni '60 in un'Italia meravigliosa in cui c'era la speranza che il mondo potesse cambiare. Adolescente negli anni '70 quando pensavamo di potere aggiustare le cose. Oggi ci sono 26 persone che detengono il patrimonio della metà del mondo, è l'opposto di quello in cui noi speravamo. Questo tipo di squilibrio non può non portare infelicità". Ligabue racconta della sua timidezza sul palco agli esordi: "Io per 10 anni ho lavorato, poi il lavoro è diventato cantare, che non è un lavoro, ma una passione. È il bisogno di dire qualcosa, ma le canzoni emozionano chi vogliono loro e vanno dove vogliono loro. Per un po' di anni mi hanno seguito, ma non fino in fondo, quando l'ho capito mi sono aperto di più. C'è un patto, io racconto tutto di me. Questo continua a suggellare un patto. Meritano questa apertura". Un libro importante? "Mi ha segnato Delitto e castigo nella mia dolescenza, il senso di colpa mi perseguita ancora", confessa il cantautore.
    Al Salone Zuppi, più volte inviato in missione in Ucraina e in Russia, parla anche della possibile pace: "Se sono ottimista? Ho la speranza che è un po' di più dell'ottimismo, non dobbiamo mai perdere la speranza. Dobbiamo mettercela tutta, come ha voluto Papa Francesco e come mi sembra abbia già detto Papa Leone XIV che ha offerto la Santa Sede come luogo di incontro".
   

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