(di Amalia Angotti)
E' un dialogo inedito quello tra il
cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di
Bologna, e il cantautore Ligabue al Salone del Libro di Torino.
"Un appuntamento speciale" lo definisce la direttrice Annalena
Benini. La sala dell'Auditorium è strapiena e, subito dopo
l'incontro, la fila per il firmacopie e i selfie con Ligabue è
chilometrica. Il titolo è "Le storie, la Storia. Dall'io al noi"
e si parte da una storia accaduta da poco, alla fine del
conclave che ha portato all'elezione di papa Leone XIV.
Zuppi, indicato tra i 'papabili', lo racconta al pubblico
del Salone, che a più riprese lo applaude. "Vedere tanta gente
in piazza San Pietro che aspettava l'annuncio - dice - è stato
davvero commovente, c'era attesa, tanta gioia, tanto desiderio.
Avevo un groppo in gola. Mi sono chiesto cosa avrei fatto se
fossi stato io al posto del nuovo Papa e ho pensato che avrei
fatto come nel film di Nanni Moretti; mi sarei affacciato, dopo
avere visto tanta gente avrei richiuso il finestrone e avrei
detto 'non ce la faccio'". Il presidente della Cei scherza anche
sul Fantapapa: "Certo che me ne sono accorto, ho avuto uno
scatto di stima per i miei tifosi".
Le difficoltà del mondo sono al centro del confronto, anche
se i discorsi sull'attualità si alternano ai ricordi personali,
alle riflessioni intime. Zuppi ricorda il dolore per la morte
del padre, e le tragedie di oggi, come quella dei bambini
immigrati morti di freddo: "bisogna piangere quei piccoli e
tutti quelli che sono stati uccisi a Gaza e nelle altrie guerra,
una cosa inaccettabile". E' polemico sul sovranismo che "non ha
futuro e fa male al Paese. Chi ama il proprio Paese butta via le
frontiere".
"Tempi così duri non li avevo mai visti" afferma Ligabue,
26 album, sette libri, 900 concerti suonerà alla Reggia di
Caserta ("un privilegio", commenta). "Ci sono tante paure che
fanno sentire soli. È il peggiore decennio tra i sei che ho
vissuto, tra la pandemia, la guerra in Ucraina e tutti gli altri
confliiti, i ragazzi che vanno dallo psicologo e gli dicono che
non sanno immaginarsi un futuro. Sono stato bambino negli anni
'60 in un'Italia meravigliosa in cui c'era la speranza che il
mondo potesse cambiare. Adolescente negli anni '70 quando
pensavamo di potere aggiustare le cose. Oggi ci sono 26 persone
che detengono il patrimonio della metà del mondo, è l'opposto di
quello in cui noi speravamo. Questo tipo di squilibrio non può
non portare infelicità". Ligabue racconta della sua timidezza
sul palco agli esordi: "Io per 10 anni ho lavorato, poi il
lavoro è diventato cantare, che non è un lavoro, ma una
passione. È il bisogno di dire qualcosa, ma le canzoni
emozionano chi vogliono loro e vanno dove vogliono loro. Per un
po' di anni mi hanno seguito, ma non fino in fondo, quando l'ho
capito mi sono aperto di più. C'è un patto, io racconto tutto di
me. Questo continua a suggellare un patto. Meritano questa
apertura". Un libro importante? "Mi ha segnato Delitto e castigo
nella mia dolescenza, il senso di colpa mi perseguita ancora",
confessa il cantautore.
Al Salone Zuppi, più volte inviato in missione in Ucraina
e in Russia, parla anche della possibile pace: "Se sono
ottimista? Ho la speranza che è un po' di più dell'ottimismo,
non dobbiamo mai perdere la speranza. Dobbiamo mettercela tutta,
come ha voluto Papa Francesco e come mi sembra abbia già detto
Papa Leone XIV che ha offerto la Santa Sede come luogo di
incontro".
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