MARIAROSARIA BARBERA "IMPRONTE DI DONNA. REALTÀ FEMMINILI NELL'ANTICHITÀ CLASSICA" (pagg.320 edizioni Espera 22 euro). Lasciare traccia di sè, nonostante società misogine e patriarcali. Alle donne "speciali", quelle che, pur nella condizione di minorità cui la società antica e le sue leggi le costringevano, sono riuscite a lasciare traccia di sé, della loro vita e spesso delle loro capacità è dedicato il saggio "Impronte di donna" di Mariarosaria Barbera.
Dopo un necessario accenno ai periodi più remoti, l'archeologa e studiosa dell'antichità segue dapprima le donne etrusche che avevano il diritto di possedere beni personali, potevano imparare a leggere e scrivere almeno a livello elementare e potevano mostrarsi in pubblico ai giochi. Poi si sposta in Grecia culla della civiltà europea, che ha lasciato ai margini le proprie donne, alle quali il divieto di ereditare e gestire il patrimonio familiare rese impossibile una partecipazione attiva alle dinamiche della società. Da notare la posizione fortemente misogina di Aristotele. I suoi scritti sono permeati dal convincimento dell'inferiorità del genere femminile "…per natura l'uomo è più adatto della donna a comandare. Le donne sono considerate inferiori, più deboli e lente, meno intelligenti e longeve rispetto agli uomini".
Le donne romane sono presentate nel rapporto con la vita pubblica: il sacerdozio delle Vestali, il lavoro spicciolo ma anche imprenditoriale, la medicina, le humanae litterae e la filosofia, lo spettacolo e lo sport, la politica, nella quale molte donne si distinsero dalla monarchia all'avanzato periodo imperiale, lasciando il segno. Così Clelia che salvò le compagne da Porsenna, Veturia che convinse il figlio Coriolano a desistere dalla guerra contro Roma, Cornelia madre dei Gracchi.
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