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Come la letteratura racconta il cinema

Come la letteratura racconta il cinema

Antologia di 33 racconti, da Guido Gozzano a Roberto Bolano

ROMA, 07 gennaio 2015, 12:09

Paolo Petroni

ANSACheck

La copertina del libro 'Racconti di cinema ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro  'Racconti di cinema ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro 'Racconti di cinema ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

AA.VV. ''RACCONTI DI CINEMA'', a cura di E. Morreale e M. Pierini (EINAUDI, pp. 394 - 22,00 euro). Circa un film su quattro nelle sale nasce da un libro: un dato cresciuto di più del 20% negli ultimi cinque anni. Nel 2009 i film che erano tratti da libri rappresentavano il 23,1% delle uscite nelle sale italiane, nel 2012 salgono al 25,6% e hanno una quota pressoché analoga nel 2013: 24,4%. La settima arte deve quindi molto alla letteratura, e la letteratura, che è onnivora per sua natura, l'ha ripagata parlando ormai spesso di cinema. Ci sono poi scrittori che fanno o hanno fatto anche sempre gli sceneggiatori e alcuni anche i registi, che hanno scritto pagine specifiche che riguardano, attori, comparse, l'essere catturati in una sala buia, i vari mestieri e artigianati che concorrono alla creazione di un film.
    Emiliano Morreale e Mariapaola Pierini hanno ora selezionato 33 racconti e articoli (di cui 5 inediti in italiano) di autori noti d'Europa e delle Americhe, da Guido Gozzano a Roberto Bolano, da Jean Giraudoux a Don Delillo, a tema cinematografico, costruendo un'antologia che serve a sognare e assieme a riflettere su cosa significhi e come il cinema sia entrato nel nostro immaginario. ''La narrativa sognerà e mimerà il procedere del cinema, non solo nelle forme vicarie della sceneggiatura e del soggetto - scrivono i curatori - ma anche attraverso quel tema sotterraneo che è il 'film immaginario', il racconto di un film, della sua storia e magari delle sue vicende produttive, che esiste solo nella mente di chi scrive. Si potrebbe ricostruire anzi, attraverso i decenni, una vera e propria cineteca di Babele, di film inesistenti o possibili''.
    Mario Soldati racconta un'improbabile avventura imprudente di un probabilissimo e vero Alberto Sordi, indolente, abitudinario, timorato di Dio e delle donne, sempre attore, mentre Joyce Carol Oates scrive in versi a Marlon Brando all'inferno, dove è finito perché ''hai soffocato la tua bellezza nel grasso / ti sei fatto beffe della nostra adorazione / eri il maschio predatore, quello senza rimorsi''. Manuel Puig da parte sua scrive di attori, di amici con malinconia per la loro scomparsa, dalla Schneider, a Visconti, alla Mangano, per concludere che in fondo sono tutti vivi e li possiamo rivedere quante volte vogliamo.
    ''Proviamo a immaginare la pagina bianca che precede la scrittura o lo schermo vuoto che aspetta le immagini - ci viene detto nell'introduzione al volume - vorremmo che questa raccolta procedesse come un film composto da vari episodi,girati in epoche divrese, girati in luoghi e lingue diverse. Un film sul cinema che nasce da un profondo amore per il cinema''. Un amore che è nel dialogo provocatorio con un signore della Nonoche di Irene Nemirovsky conquistata dal cinema sino a sbollire le proprie irritazioni e contrapposizioni donna-uomo, come è nell'intrecciarsi di cinema e vita, tra la sala dell'Astra e Firenze, nelle belle pagine di Piero Santi, mnetre in quelle più aspre e umane di Carlo Emilio Gadda il cinema è luogo di distrazione dai pensieri,rasserenatore d'animi: ''nella tenebra liberatrice in cui piombammo ad un tratto ogni urto fu attenuato e il boato delle passioni umane vaniva. I silenti sogni entrarono così nella sala''. Ed è un po' quel che pensa Delillo, su quel luogo in cui tutto aveva la possibilità di evaporare''.
    Il passaggio dall'altra parte dello schermo, il non essere solo spettatori ma prender parte alla lavorazione di un film cambia totalmente le cose. Non più evasione, ma arte e dedizione, sogno e sacrificio, destino che, come nel racconto del 1907 di Guillaume Apollinaire, può privare della vita. Può essere una chimera, un'illusione necessaria e tragica, come per il protagonista del racconto di Katherine Mansfield, o invece salvezza, pur tra rimpianti e amarezze, come è per l'attrice del muto Albina Albini raccontata da Gozzano.
    I due curatori sottolineano come ''il racconto sul cinema, anche quando non lo sa, spesso sfida il cinema stesso nel proprio procedere, ne sente l'eco, ne imita la seduzione'', e basti qui citare come scandisca tutta una vita sul linguaggio filmico Richard Matheson nel suo ''Montaggio''.
   

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