ROBERTO BOLANO, 'NOTTURNO CILENO' (ADELPHI, PP. 124 - 15,00 EURO - traduzione di Ilde Carmignani).
"E poi si scatena la tempesta di merda", parole con cui si chiude questo libro, che è uno dei più belli di Roberto Bolano, non è che la conseguenza di ciò che vien detto invece all'inizio: "Ora muoio, ma ho ancora molte cosa da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma all'improvviso le cose sono emerse... Ora non sono più in pace". L'io narrante Sebastian Urritia Lacroix è un ex sacerdote cileno affiliato all'Opus Dei, un letterato e un autorevole critico che, per mancanza di spina dorsale, si è andato sempre più compromettendo con la spietata dittatura di Pinochet, più cercando di far finta di nulla, di non vedere e sapere, più che per precise attività.
La confessione sul letto di morte di quest'uomo che cerca di giustificarsi e smentire le "infamie" su di lui messe in giro da un "giovane invecchiato", che forse è solo il fantasma di lui stesso appunto giovane, prima che tutto accadesse e la vita si fosse svolta. E' come il suo passato, nel momento estremo, improvvisamente riemergesse e prendesse consistenza in una serie di accuse, è uno dei libri più forti e potenti di Bolano, forse il più indignato e aspro, l'ultimo pubblicato in vita e scritto non a caso a caldo, dopo il suo ultimo viaggio in patria nel 1999, al ritorno in quella Spagna dove ormai viveva. E il Cile, questo paese amato e che lo respinge, pieno di contrasti e contraddizioni, è sostanza del racconto, di questo atto d'amore attraverso una denuncia della viltà come atteggiamento più odioso.
Tra agonia e delirio, ma anche lucidità subdola, il racconto è scritto senza un a capo, come un flusso compatto e continuo di parole, pensieri, ricordi, giustificazioni che finiscono per essere rivelazioni, affermando che "la vita è una serie di equivoci che ci conducono alla verità finale, l'unica verità". E dalla memoria riemergono gli incontri con personaggi ambigui che si chiamano Aruap e Oido (paura e odio scritti al contrario) che lo coinvolgono, ben pagato, in una curiosa inchiesta su come si conservano e amministrano le chiese visitando quelle di mezza Europa per carpirne non si sa quali segreti. Insomma guadagni e tranquillità che arrivano sapendo voltare lo sguardo da un'altra parte e accettando compromessi che nel futuro peseranno molto sulla sua coscienza "immacolata", dal contribuire a dare un premio a una pessima scrittrice di regime, Maria Canales, che apre la sua villa a gran ricevimenti, mentre nei suoi sotterranei si torturano oppositori del regime, alle lezioni di marxismo date al generale Pinochet e a membri della sua giunta che vogliono capire bene il nemico "e fino dove può arrivare".
Per questo ecco l'ultimo, estremo tentativo di far chiarezza e giustificarsi, per cercar di evitare che si scateni a sommergerlo "la tempesta di merda". A far da filo conduttore di questa rievocazione dei tanti incontri di una vita c'è soprattutto l'amicizia con l'importante letterato omosessuale Farewell, di ricca famiglia di proprietari terrieri. E' a casa sua che incontra, per esempio, Pablo Neruda che gli chiede "Come mai la tonaca?" e ottiene come risposta un semplice e assurdo "Non ho avuto tempo di cambiarmi", in una serata tra fumi dell'alcol e asserzioni e e previsioni di ogni tipo. Così figure reali e inventate, fatti storici e altri immaginati divengono il tessuto di questo lungo monologo costruito col fiato sospeso e una scrittura avvolgente.
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