Ha provato a rialzarsi dopo aver scontato 28 anni in cella per l'omicidio eccellente di Maurizio Gucci, avvenuto a Milano nel 1995, ma oggi è ripiombato al centro di un rompicapo giudiziario, con esito tragico. Benedetto Ceraulo, 63 anni, originario di Caltanissetta, ha sparato in faccia al figlio al culmine di un litigio prima di tentare di togliersi la vita. Ora è ricoverato in gravissime condizioni all'ospedale di Pisa, mentre il figlio 37enne se la caverà anche se è rimasto ferito al volto raggiunto dai colpi sparati da una pistola di piccolo calibro. E' tutto avvenuto stamani nell'abitazione che il 63enne aveva preso in affitto da un paio d'anni nelle campagne di Santa Maria a Monte, nel Pisano, e dove viveva da solo. Per le festività pasquali lo aveva raggiunto anche il figlio Gaetano.
E' con lui che stamani ha iniziato a litigare: il movente non è ancora chiaro ai carabinieri che stanno indagando. Sta di fatto che al culmine del litigio Ceraulo avrebbe sparato con una pistola di piccolo calibro al figlio Gaetano, ferendolo in modo non grave tanto che il 37enne è salito sulla sua auto ed è fuggito, dando l'allarme al numero unico delle emergenze 112.
Sarà operato all'ospedale di Pontedera (Pisa) ma non corre pericolo di vita. In quegli stessi istanti, il padre Benedetto ha rivolto l'arma contro di sé e ha fatto fuoco. Lui invece è ricoverato in condizioni disperate al policlinico di Pisa.
Secondo quanto si è appreso l'ex detenuto aveva cercato di costruirsi una seconda chance con la viticoltura: una passione sviluppata nella colonia penale dell'isola di Gorgona (Livorno) dove aveva incontrato nel 2017 il marchese Frescobaldi per il progetto di un'azienda vitivinicola appreso nella casa di reclusione. Una volta definitivamente libero si è trasferito ad Acciaiolo, frazione del comune di Fauglia (Pisa) e da qui è arrivato a Santa Maria a Monte.
Nel 1995, a soli 32 anni, sparò a Milano quattro colpi all'imprenditore della moda Maurizio Gucci, nel delitto orchestrato da banditi improvvisati e commissionato dall'ex moglie della vittima, Patrizia Reggiani, gelosa della nuova relazione del marito e impaurita dalla sue spese sostenute per questo nuovo amore che, secondo lei, avrebbero messo in pericolo il patrimonio di famiglia. Un'accusa di essere il killer sempre respinta da Ceraulo, ma che gli è costata prima l'ergastolo e poi una riduzione di pena fino alla definitiva condanna in Cassazione come l'esecutore materiale di quel delitto ideato e orchestrato da altri.
Per l'accusa in cambio ricevette 150 milioni di lire. Fu arrestato nel 1997, la prima condanna all'ergastolo arriva il 3 novembre 1998, mentre la Reggiani viene condannata a 29 anni, la sua amica e maga dilettante Pina Auriemma a 25 e il suo complice, l'albergatore Ivano Savioni, a 27. Ergastolo anche per Orazio Cicala, ritenuto l'autista del killer. Il 17 marzo 2000 i giudici d'appello di Milano riformano la prima sentenza di condanna trasformando la pena di Ceraulo da ergastolo a 28 anni, 11 mesi e 20 giorni, poi confermata in Cassazione.
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