La Procura di Foggia, nell'ambito di
un procedimento per resistenza a pubblico ufficiale, ha chiesto
al Tribunale di sollevare questione di legittimità
costituzionale in rapporto a due disposizioni del
decreto-sicurezza (d.l. n. 48/2025) che hanno introdotto
altrettante circostanze aggravanti applicabili al caso in
discussione. Si tratta di una delle prime memorie con le quali a
ravvisare dubbi di legittimità costituzionale sul
decreto-sicurezza è un pubblico ministero. Il giudice si è
riservato sulla questione, rinviando all'udienza che si terrà il
17 giugno 2025. Lo rende noto la rivista giuridica 'Sistema
penale' diretta dal professore Gian Luigi Gatta, presidente
dell'Associazione italiana dei professori di diritto penale.
Il caso oggetto del giudizio riguarda alcuni imputati
chiamati a rispondere di resistenza a pubblico ufficiale e
lesioni personali nei confronti di due agenti di polizia
giudiziaria/di pubblica sicurezza operanti nel compartimento di
polizia ferroviaria presso la stazione di Foggia. Il p.m.
contestava pertanto due nuove circostanze aggravanti introdotte
dagli artt. 11 co. 1 e 19 co. 1, lett. b), del decreto legge 11
aprile 2025, n. 48: in rapporto alle lesioni, l'aggravante
comune ex art. 61 n. 11 decies, per aver «commesso il fatto
all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni
ferroviarie e delle metropolitane o all'interno dei convogli
adibiti al trasporto di passeggeri»; in rapporto alla resistenza
a pubblico ufficiale, la neointrodotta circostanza speciale ex
art. 337 co 3, prevista per il caso in cui «la violenza o
minaccia è posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente
di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un
atto di ufficio».
In relazione a tali innovazioni normative, la Procura di
Foggia rileva una possibile incompatibilità con gli artt. 3, 25,
27 e 77 co. 2 Cost., sollecitando il Tribunale a sollevare
eccezione d'incostituzionalità. Le norme in esame, infatti, non
risponderebbero a canoni di ragionevolezza e di coerenza,
creando disparità di trattamento per fatti analoghi.
In secondo luogo, l'introduzione delle aggravanti tramite
decreto-legge avrebbe compresso le prerogative del Parlamento
nel processo di definizione delle scelte di criminalizzazione,
compromettendo al contempo la conoscibilità delle norme da parte
dei cittadini per l'assenza di un adeguato periodo di vacatio
legis.
Non sussisterebbero, infine, secondo la Procura, i requisiti
di straordinaria necessità ed urgenza prescritti dalla
Costituzione. Il decreto-legge, infatti, si limiterebbe a
un'apodittica affermazione della sussistenza dei presupposti
richiesti, mentre la sua adozione — dopo oltre un anno di
dibattito parlamentare — lascerebbe trasparire il reale intento
alla base del ricorso alla decretazione d'urgenza: quello di
«accelerare, se non addirittura vanificare, il procedimento
legislativo ordinariamente previsto dagli artt. 72 e seguenti
della Costituzione».
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